Lo scalo era all’interno del Fausto Noce, parco che ha preso il nome da un aviatore. Ancora intatta la torre di controllo
di Dario Budroni
OLBIA. Scordatevi i severi controlli col metal detector e le tabelle luminose che annunciano i voli in arrivo e in partenza. Il passato aeronautico della città ha l’aspetto di un enorme campo polveroso su cui eroici aviatori atterravano a bordo di primitivi aeroplani. Si trova esattamente dove gli olbiesi di oggi passano il tempo a correre e a giocare a pallone. Il parco Fausto Noce, 19 ettari nel cuore della città, adesso è un polmone verde che su Tripadvisor fa il pieno di recensioni positive. Invece in passato è stato un campo di aviazione, un aeroporto per atterraggi di fortuna nato dopo la prima guerra mondiale e definitivamente chiuso dopo la seconda. Le tracce della sua storia si possono riscontrare in due elementi. Il primo è un nome: Fausto Noce, aviatore sardo morto a 24 anni. E il secondo è un rudere: cioè quella palazzina semidistrutta che si trova tra via Galvani e via Petta, nata quasi cento anni fa come casa dell’aviazione.
Dal sale agli aerei. Ai primi del Novecento l’area del Fausto Noce era in aperta campagna, visto che Terranova era ancora arroccata dietro i binari della ferrovia. La zona dove ora sorge il parco si chiamava «Sos Salineddas». Era uno stagno nei secoli utilizzato anche come salina. Una zona malsana poi bonificata negli anni Dieci. «Era un’area sommersa da acquitrini e paludi – spiega Mario “Babay” Spanu, appassionato studioso di storia olbiese -. Poi, dopo le bonifiche, l’aviazione militare decise di costruirvi un campo di atterraggio».
Le cronache riportano il 21 giugno 1921 come data di inaugurazione, con tanto di cerimonia con autorità civili e militari. Qualche anno più avanti, nello specchio di mare di Porto Romano, venne invece inaugurato l’idroscalo Anfossi. Entrambi venivano utilizzati per scopi militari e cessarono di esistere al termine della seconda guerra mondiale. Sia il Fausto Noce che l’Anfossi finirono sotto le bombe dei caccia alleati, senza però riportare grossi danni.
Fausto Noce. Il campo di aviazione venne intitolato a Fausto Noce, che ancora oggi dà il nome al parco. Era un giovane aviatore sardo, nato per caso a Tempio nel Natale del 1896, ma originario di Porto Torres, come ha ricordato la storica Eugenia Tognotti in un articolo comparso anni fa sul Messaggero sardo. Il tenente Fausto Noce non era uno qualunque. Dopo essere stato ferito in guerra, entrò nell’aviazione nel 1918 per ricoprire importanti ruoli in delicate missioni sul finire del primo conflitto mondiale. Poi continuò a volare. Nell’estate 1920 fu impegnato in Albania in un’altra delicatissima missione. Infine la morte, il 5 ottobre 1920, in un incidente aereo vicino Varese a bordo di un BR 9020 con motore Fiat. Fausto Noce aveva 24 anni e il suo nome, per l’aviazione, era sinonimo di coraggio ed eroismo.
Torre di controllo. Nei pressi del parco Fausto Noce, dietro il maneggio e la sede della Croce Bianca, c’è ciò che rimane del campo di aviazione. Si tratta del rudere circondato di alberi ed erbacce. Le porte sono murate e il tetto è bucato in più punti. È un edificio a due piani, con terrazza circolare che si affacciava sul campo di atterraggio, che aveva una funzione importante. Era infatti la casa dell’aviazione, una sorta di torre di controllo. Qui c’erano gli uffici e probabilmente anche una stazione meteo. Aveva lo scopo di regolare i movimenti all’interno del campo di aviazione. Da decenni la palazzina è in completo stato di abbandono e quasi tutti ignorano la sua storia. Non esiste neanche un cartello per ricordare la prima esperienza che la città ha avuto con il volo.
Fonte: lanuovasardegna.gelocal.it/