Australia, Paese estero 26 ottobre 2014

Trapiantati a Sydney cuori “morti” che non battevano piu’

I Medici del St. Vincent’s Hospital di Sydney hanno eseguito, per la prima volta al mondo, trapianti di cuori “morti, che avevano cessato di battere da molti minuti, in pazienti ricoverati per arresto cardiaco.

L’equipe ha utilizzato una soluzione per conservare i cuori, sviluppata congiuntamente con il Victor Chang Cardiac Research Institute, ed ha trapiantato gli organi in un paziente di 57 anni, Michelle Gribilas, in uno di 44 anni, Jan Damen ed in un terzo paziente che si trova ancora in fase di recupero post operatorio.

Uno dei tre cuori trapiantati aveva smesso di battere per 20 minuti prima di essere collocato su una macchina e iniettato con la soluzione di conservazione e quindi riportato in vita.

La direzione dell’ospedale crede che il 30% in più vite potranno essere salvate grazie alla soluzione conservativa, che riducendo la quantità di danni al cuore lo rende più resistente al trapianto.

Prima che venisse sperimentato questo nuovo modello di intervento basato sulla conservazione del cuore, attraverso una soluzione che è costata 12 anni di lavoro per essere sviluppata, i cardiochirurghi erano in grado di utilizzare solo cuori di donatori provenienti da pazienti in morte cerebrale, ma ora, con questo nuovo metodo il pool di donatori sarà ampliato in modo significativo.

L’uso della soluzione, inoltre, migliorerebbe secondo i ricercatori anche la funzione dei cuori donati dopo l’interruzione della circolazione del sangue.

La nuova soluzione permette di eseguire trapianti utilizzando cuori provenienti dal 90-95 per cento dei pazienti in morte cerebrale, che in precedenza erano troppo danneggiati per poter essere trapiantati.

Quando si spegne la vita dei pazienti in morte cerebrale, ed ovviamente quando il paziente non è connesso ad una macchina che garantisca meccanicamente il battito cardiaco, il cuore smette di pulsare gradualmente in un periodo di circa 20 minuti.

La mancanza di ossigeno, durante questo tempo, provoca danni significativi al cuore e fino ad ora questo ha fatto sì quei cuori non potessero essere utilizzati per i trapianti.

Ma quando la nuova soluzione viene iniettata nel cuore le cellule cardiache iniziano a rigenerarsi.

Il dottor Paul Jansz, uno dei chirurghi che hanno eseguito le operazioni, ha spiegato che la tecnologia sperimentata avrà implicazioni per le unità di trapianto di tutto il mondo.

Il Prof Mc Donald, direttore dell’Unità per il trapianto di cuore polmone dell’ospedale, ha spiegato che il team aveva lavorato su questo progetto per 20 anni ed in maniera particolarmente intensa negli ultimi quattro anni.

“Ora – ha aggiunto – grazie a questa scoperta della soluzione conservativa, il numero di cuori che potranno essere trapiantati aumenterà in maniera considerevole in tutto il mondo”.

DI ANTONIO LUZI