Trieste (Friuli-Venezia Giulia) 07 aprile 2017

Trieste-L’Uciim s’interroga: il bullismo è sempre esistito?

Bullismo: da quando, all’incirca negli anni Ottanta- Novanta, è stato denunciato apertamente il fenomeno, di bullismo si parla parecchio, anche perché la cronaca ci fa conoscere casi di bullismo davvero raccapriccianti.
E questo è un bene perché ormai si tratta di una vera e propria “urgenza sociale” hanno sostenuto le funzionarie della Prefettura Luisa Onofrio e Giovanna Fantasia venerdì scorso, 7 aprile, in occasione della conferenza “Il bullismo è sempre esistito? Nuovo adolescente, vecchie e nuove regole” organizzato dalla sezione UCIIM di Trieste. Parlarne è importante, ma il fenomeno non va decontestualizzato dall’ambiente sociale in cui tutti siamo immersi quasi fosse un fatto a sé da analizzare caso per scaso in forma individualistica sia sul fronte del bullo che della vittima.
Perché se è vero che l’agito trasgressivo è sempre esistito ed è fisiologico, è anche vero che oggi è aumentato e si manifesta con atti di violenza sia su di sé che sugli altri, spesso presi a caso. Di ciò dobbiamo chiederci il motivo: senza dubbio il fatto nuovo dei nostri tempi che rende più facile il manifestarsi bel bullismo è una generalizzata relativizzazione delle regole accompagnata da una sempre meno avvertita capacità di scandalizzarsi difronte al loro mancato rispetto. E’ proprio questa sorta di diffusa tolleranza dell’illegalità o quanto meno di mancata denuncia ciò che fornisce il terreno di coltura per il bullismo giovanile che non è altro che la dimostrazione concreta della frangibilità delle regole. Il bullismo, ha sottolineato Luisa Onofrio “è uno dei fenomeni della disfunzionalità tra persone e regole. E’ frutto del non aver avuto esperienza del limite e della regola”.
E invece del limite e delle regole tutti noi, ma specialmente gli adolescenti, hanno un immenso bisogno, se non altro per arginare il “pensiero onnipotente” tipico dell’età; per non cadere nell’angoscia causata proprio dalla mancanza del limite; per sentirsi sicuri, anche fisicamente; e per abituarsi all’attesa e alla gestione della frustrazione, tutte capacità senza le quali si rischia di cadere nella paralisi dell’azione e nella depressione, malattia psichiatrica ormai diffusa anche tra i giovanissimi. Dare regole non è più di moda, ma l’Istituzione che non lo fa pecca di vigliaccheria e induce il giovane a vivere in un mondo falso, allucinato, dove tutto sembra possibile e dove quindi anche l’invasione violenta del territorio e della vita altrui è lecita. L’uso disinvolto dei social e della rete, poi, consente di amplificare enormemente i danni del bullismo.
Se vogliamo combattere o quanto meno arginare questo fenomeno, quindi, dobbiamo cominciare da noi: metterci delle regole e rispettarle noi per primi, sempre. Non cadere nell’inganno di pensare che determinate regole valgano solo per un certo ambito, al di fuori del quale ci si possa sentire affrancati: le regole, se sono tali, hanno valore assoluto, senza “se” e senza “ma”. Noi per primi non dobbiamo consentirci eccezioni e non consentirle ai nostri ragazzi.
Coerenza e rispetto delle regole: vissuto, richiesto e preteso. Stile di vita non facile, specialmente oggi quando quello che conta sembra essere il gradimento, anche per genitori, educatori, insegnanti. Invece no, non è così: il rispetto per le regole viene prima, e bisogna avere il coraggio di risultare, almeno al primo impatto, anche poco gradevoli. Perché il prezzo della consapevolezza che le regole si possono infrangere è altissimo ed è una vita vissuta nell’insicurezza, nella paura: se infatti sono consapevole che le regole possono essere infrante ed anche io o i miei familiari lo facciamo, evidentemente vivrò costantemente nella paura che anche altri possano farlo, ma questa vota a mio danno. Ed infatti, hanno ricordato le relatrici, la percezione di insicurezza nei giovani è cresciuta tantissimo.
Per tornare al bullismo vero e proprio: due ulteriori osservazioni. La prima: quando se ne parla, ci si concentra solitamente parecchio sul bullo, ma poco sulla vittima e sugli “spettatori” ovvero quelli che vedevano, sapevano ma tacevano. Secondo: non aspettiamo che a rispettare le regole e a reagire siano gli altri, coloro che stanno ai vertici, i dirigenti, i politici. Quasi dovessero essere loro quelli tenuti a dare buon esempio per primi. No: possiamo, anzi, dobbiamo cominciare noi, dalla base, dai piedi. Il nostro potere di incidere sulla società è molto più forte di quanto non crediamo: il bisogno di legalità, se anche non espresso, è evidente e sentito. Cominciamo noi a metterci e a mettere in riga: certamente sulle prime saremo contrastati da molti, ma poi anche stimati, apprezzati e seguiti dalla cosiddetta maggioranza silenziosa.
Ancora. Rivalutiamo la punizione. Infliggerla non deve mai costituire un piacere, ma è inevitabile, è la diretta conseguenza della regola, rappresenta la sua concretezza.
Infine un’osservazione molto consolante. La possibilità di incidere positivamente sugli adolescenti è enorme: è stato dimostrato infatti che proprio in questa fase possono essere riattivate anche aree del cervello non stimolate o sviluppate in età infantile e a farlo i più indicati, ancora più dei genitori, sono gli insegnati perché in questa fase ciò che è determinante sono le relazioni con l’esterno specialmente se connotate da rapporti gerarchici, di differenza generazionale, e di ruolo. Determinanti poi le relazioni di prossimità che consentono lo sviluppo di varie capacità come quella empatica che dipende dai neuroni a specchio. Per cui, come hanno concluso le relatrici ” il potere che hanno oggi gli adulti, ma ancora di più la scuola che rappresenta la prima Istituzione con cui il bambino si confronta, è davvero immensa: rendiamoci conto del potere che esercitiamo nelle nostre realtà, e riprendiamocelo: è da qui che possiamo rifondare l’assolutezza della regola.” Lo stesso Pasolini riconosceva che “il godimento senza regole è quello mortifero della droga” . (Marina Del Fabbro)