La grande guerra non è stata solo una immane carneficina e nemmeno solo la prima guerra della modernità, combattuta con armi micidiali tra cui la mitragliatrice ed i gas, ma anche una guerra totale che ha coinvolto militari e civili, tra cui milioni di donne la cui sofferenza è stata forse sottovalutata. E’ a loro che la sezione triestina del CIF in collaborazione con UCIIM ha voluto rendere omaggio con la conferenza “Donne e Grande Guerra” tenuta lo scorso 28 maggio dal prof. Fabio Todero, docente e profondo conoscitore della storia contemporanea.
Donne che, a seguito della mobilitazione dei loro uomini (solo in Italia furono portati al fronte 5 milioni di uomini, per lo più contadini), dovettero sobbarcarsi durante il conflitto, oltre al lavoro di cura, tradizionalmente femminile, anche quello pesante dei maschi: al sud prevalentemente con il bestiame e nelle campagne, al nord nelle fabbriche dove il lavoro femminile era assolutamente indispensabile per produrre e confezionare quanto necessario al fronte: enormi quantità di stoviglie, capi di abbigliamento, calzature, armi, munizioni… donne che fecero arrivare ai soldati scaldaranci o sottoabiti di carta di giornale e che organizzarono posti di conforto per i combattenti. Il tutto spesso con genitori, suoceri, figli a carico ed in periodo di razionamento e privazioni, spesso anche senza sapere nulla dei propri uomini al fronte. Donne contadine, operaie, ma anche postine, tranviere: donne che a guerra conclusa speravano, proprio in virtù del coraggio e della tenacia dimostrata, di veder riconosciuti i loro diritti civili e politici ma che furono deluse in quanto il successivo regime fascista le riportò al ruolo di mogli e madri.
Donne crocerossine che, benchè spesso di estrazione borghese e non abituate alle durezze della vita, seppero misurarsi con gli orrori più atroci, ma anche donne giornaliste, donne che sostennero rivendicazioni sindacali, che protestarono per gli insostenibili rincari, che cercarono di fermare i convogli diretti al fronte, che si riunirono in associazioni per curare il recapito della posta che ammontò a 3 miliardi di missive, donne che a guerra finita si adoperarono per la ricerca dei soldati dispersi e per il sostegno alla vedovanza.
Donne violentate, profughe, ma anche donne spie, prostitute, donne utilizzate nella pubblicità o assurte a simbolo della patria…Donne alleate e donne nemiche demonizzate e deformate.
Donne dolenti, madri dolorose come la triestina Maria Bergamas cui fu chiesto di scegliere, tra le tante, la salma del soldato che sarebbe diventato il Milite Ignoto, simbolo dell’immane tragedia della Grande Guerra. (Marina Del Fabbro)
Trieste:il CIF e l’UCIIM discutono su Donne e Grande Guerra
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