Che tipo di persona siamo? Proviamo – come ha suggerito Raffaella Bellen nella conversazione “Devo posso voglio: per un riallineamento di diritti e doveri” tenuta lo scorso 17 novembre su invito di UCIIM ad un folto pubblico di docenti ed educatori – proviamo, anche solo per pochi giorni, a badare a quante volte usiamo i verbi “dovere”, “potere”, “volere”.
Se ci sorprenderemo a interrogarci spesso sul “posso”, nell’accezione di “sono in grado di “, probabilmente siamo persone che dubitano delle proprie capacità, che non hanno una buona autostima e, passando tanto tempo a esaminarsi, rischiano anche di diventare egocentriche e pensare troppo a sé. Viviamo più ancorati nel passato che nel presente.
Ripetiamo invece spesso “devo”? Probabilmente saremo, o quantomeno riterremo di essere, persone corrette, rispettose delle regole, ammirevoli perché disposte a posporre i nostri desideri per far spazio al bisogno degli altri, a rinunciare ai sogni per adempiere ai doveri. Ma forse anche un po’ superbi ed egocentrici, ovvero persone che si ritengono indispensabili e che, sotto l’alibi del dovere, vogliono tenere sotto controllo tutta la situazione e forse anche gli altri. Probabilmente assaporiamo poco il presente, impegnati come siamo a provvedere e organizzare il futuro. Tutto sommato non siamo felici, oberati dal peso del dovere. E facilmente proviamo fastidio quando incontriamo persone “voglio” che invece vivono con leggerezza, immerse in un continuo spensierato presente: meno previdenti, meno scrupolose, ma apparentemente ben più gioiose e certamente capaci di ottenere quello che desiderano molto più degli individui “posso” e “devo”. Non è detto però che siano persone effettivamente felici: vivere solo il presente non apre prospettive ed inoltre il desiderio appagato nell’immediato non dà reale piacere e chi viene accontentato subito non impara a gestire le frustrazioni.
Ma perché è importante, per educatori, genitori ed insegnanti, prendere innanzi tutto consapevolezza di se stessi? Perché, ha ricordato la relatrice, gran parte dell’apprendimento avviene per via osservativa: i giovani ci guardano e si determinano in base all’atteggiamento di noi educatori. Imitandolo o opponendovisi. Attenzione perciò quando attribuiamo ai nostri ragazzi debolezze, tristezze, fragilità, mancanza di ideali: probabilmente una buona strada per cambiare loro è iniziare con il cambiare noi.
Quale potrebbe essere dunque una buona formula da vivere noi per primi e da proporre poi ai nostri ragazzi per una vita serena? Raffaella Bellen suggerisce un sano “posso, voglio, devo”, ovvero un percorso in cui si parte con una presa di coscienza delle propria potenzialità e capacità (posso) facendo tesoro del passato per vivere intensamente il presente coltivando nel contempo sogni e progetti (voglio) per il futuro. Inevitabilmente troveremo difficoltà ed ostacoli da superare (devo), ma i doveri diventeranno meno pesanti da sostenere perché motivati dal desiderio del raggiungimento di una meta desiderata.
Per un corretto bilanciamento di diritti e doveri, però, questo percorso non è ancora sufficiente: è fondamentale anche che i diritti di cui godiamo o che concediamo ai nostri giovani siano proporzionati o, meglio, “allineati” con i doveri. Non può infatti essere equilibrata una condotta di vita in cui si goda, ad esempio – ed è molto comune tra i giovani – di diritti da adulto a fronte di una richiesta di doveri ancora minimale, da bambini; ma nemmeno viceversa.
In ogni caso: cerchiamo di evitare di confrontare, facendoglieli quasi pesare, la libertà ed il benessere di cui godono i nostri giovani con quello che godevamo noi: il mondo cambia, il benessere aumenta e ciò è solo un bene. Nessuno augurerebbe ai propri figli un avvenire più duro di quello vissuto in prima persona. Teniamo anche d’occhio l’ambiente circostante: diritti e doveri, per poter essere accettati, devono rientrare nelle norma.
Ricordiamo però del pari che ogni diritto concesso senza che sia preceduto da uno sforzo dà gioia effimera e disabitua all’attesa, impedendo di gustare il sapore dell’obiettivo raggiunto.
Volendo sintetizzare: “Non ho bisogno che sia facile, ho bisogno che ne valga la pena” (Lil Wayne).
(Marina Del Fabbro)
Trieste: L’UCIIM per un riallineamento di diritti e doveri
Pubblicato in Arte e Cultura |