Trieste (Friuli-Venezia Giulia) 19 febbraio 2016

Trieste: L’Uciim su “Finanza globalizzata e finanza etica”

Già duecento anni fa Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori della democrazia americana, avvertiva: “Le banche sono più pericolose per la nostra libertà degli eserciti” tanto più se, come da noi in Italia, la cultura economica e finanziaria della popolazione è scarsa per cui ai cittadini sfugge il modo con cui vengono impiegati i loro risparmi e non si riesce a controllare l’enorme flusso, anche virtuale, di denaro. Virtuale, sì, ma con effetti poi ben concreti che generano speculazioni e crisi e condizionano l’economia reale di interi Paesi.
Sono stati davvero tanti, stimolanti e attualissimi gli spunti e le considerazioni offerte venerdì scorso 19 febbraio dalla dottoressa Alce Pesiri, venuta a tenere la conversazione “Finanza globalizzata e finanza etica” su invito della sezione triestina di UCIIM.
Viviamo in un periodo in cui le banche e i loro servizi, il mercato globale e soprattutto la finanza non godono di buona fama, tanto è vero che si sente bisogno di una finanza “etica” ma – come ha spiegato la relatrice – tutti questi non sono strumenti negativi in sé, dipende dal modo e soprattutto dalla finalità con cui sono usati. Una banca, ad esempio, è un’impresa ed ha tutto il diritto di ricercare il profitto, ma cosa diversa è un equo margine di ricavi sottratti i costi, altro è la ricerca ossessiva della sua massimizzazione. Come certamente lecite sono le compravendite, ma quando l’ammontare di questi scambi, effettuati oltretutto da computer opportunamente programmati alla velocità di pochi millesimi di secondo, è enormemente maggiore del valore effettivo dei beni esistenti, è evidente che si tratta di speculazioni: speculazioni che possono causare il fallimento di intere economie. Anche il continuo accentuarsi del divario tra Nord e Sud del mondo è conseguenza di operazioni bancarie che cercano investimenti sicuri, così come è perché non “bancabili” che intere fasce della popolazione sono escluse dallo sviluppo.
Eppure scopo primo delle banche sarebbe proprio quello di farsi ” intermediari finanziari” tra chi ha denaro in eccesso e chi non ne ha. Ed invece, ha continuato la dottoressa Pesiri, al posto di concedere prestiti gran parte degli Istituti investe in mercati finanziari, allargando così sempre più il divario tra il mondo reale dell’economia e quello della finanza dove la moneta è una merce. Mercato finanziario, oltretutto, molto difficile da controllare perché mentre il movimento di persone e merci è soggetto a vincoli, quello finanziario è il meno regolamentato e trasparente in assoluto. Ci sono poi investimenti ed investimenti: magari anche tutti leciti, ed anche ben redditizi, ma certamente discutibili come il commercio delle armi (mine antiuomo comprese) o di prodotti a forte impatto ambientale. Che magari vengono effettuati con il nostro denaro.
Come uscirne? Non certo demonizzando banche, denaro e finanza da cui non possiamo prescindere, ma sostenendo quel tipo di finanza che incentiva il microcredito dando fiducia anche a chi non sarebbe bancabile; dando il nostro denaro alle imprese che non approfittano di paradisi fiscali; servendoci di quelle banche che evitano di finanziarizzare l’economia e cercano invece di sostenere l’economia reale, che non speculano creando crisi finanziarie, che finanziano il Sud del mondo. Sono le banche etiche dove vige la trasparenza, dove gli investimenti sono a basso interesse ma tutti responsabili, dove i clienti sono anche soci; banche che, tra l’altro, proprio in questo periodo di crisi si sono rivelate più solide di altri istituti bancari.
Perché il mercato torni ad essere luogo delle opportunità, un sistema di cooperazione ancora prima che di competizione, teso alla costruzione del bene comune e strumento per la maturazione civica dei cittadini. (Marina Del Fabbro)