E’ l’inverno la stagione migliore per esplorare il Carso, quando alberi ed arbusti ormai spogli consentono di vedere meglio quanto invece in primavera il fogliame nasconde: e possono essere tanto elementi naturali quali stagni, grotte o doline quanto manufatti a scopo agropastorale, ma anche significativi reperti storici, bellici o archeologici di cui il Carso è ricchissimo. L’escursione di domenica scorsa 13 dicembre, organizzata dalla FARiT in collaborazione con la sezione triestina di UCIIM, proposta e guidata dal prof. Elio Polli, lo ha pienamente confermato.
Si è percorso il “Sentiero della pietra” che, con un tracciato ad anello, attraversa la zona di Volcji Grad nel Carso sloveno di Comeno. Nella brulla landa carsica si sono infatti potute apprezzare meglio in tutta la loro imponenza le massicce cinte di fortificazione del castelliere preistorico di Debela Griza, risalente all’età del bronzo (2000 a. C. ca.), di cui si è saliti sulla sommità per poi attraversarne l’ampio piano di calpestio. La dimensione della cinta è davvero spettacolare: 850 metri di lunghezza per una circonferenza di 680 metri per uno spessore che varia dagli 8 ai 15 metri ed un’altezza variabile dai 2 ai 4 metri .
Ma poco oltre si sono potute ritrovare anche, tra i cespugli, i resti di un acquedotto austriaco risalente alla Prima Guerra Mondiale, una vasca quadrangolare scavata nella pietra ed una splendida “casita”, ovvero un riparo pastorale costruito a regola d’arte in pietra a secco, con tanto di architrave e volta autoportante.
Estremamente suggestivo, a metà del percorso, il minuscolo e silenzioso abitato di Britof, dominato dalla Chiesa di san Giovanni Battista e dal suo insolito campanile barocco, ma di sapore quasi orientale. Il borgo, assolutamente sobrio, è tuttavia impreziosito da numerose mensole, portali, colonne votive finemente scolpite, testimonianze di un passato in cui nella zona erano attive varie cave di pietra e ben quattro laboratori di scalpellini.
Nei dintorni, interessanti anche una grotta a doppia apertura, una piccola dolina dalle pareti consolidate con muri in pietra ed un grazioso stagno recentemente ripulito.
L’inverno particolarmente mite di quest’anno ha consentito anche di godere della vista non solo delle consuete infiorescenze stagionali ma anche di insoliti bellissimi cespugli del cosiddetto “gelsomino d’inverno” o “di San Giuseppe” (Jasminum nudiflorum) già punteggiati dai caratteristici fiorellini gialli. (Marina Del Fabbro)
Trieste: La FARiT e L’uciim esplorano il Carso
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