Brembio (Lombardia) 16 settembre 2015

Un deserto chiamato Via Gramsci. Galleria di fotografie

Da almeno vent’anni è in atto un declino che sembra irreversibile per Brembio. A cominciare dalla popolazione: a guardare i numeri dell’andamento demografico, a partire dal 2001 (2.370 abitanti) si ha un incremento intorno al 2% annuo fino al 2009, poi ad oggi una oscillazione verso l’alto e verso il basso con valori compresi tra 2.600 e 2.700. In realtà l’apporto fino al 2010 (anno in cui è stato registrato, al 31 dicembre, il massimo di popolazione pari a 2.707) ed il mantenimento successivo su valori superiori a 2.600, è dovuto sostanzialmente all’insediamento di cittadini stranieri (dati al primo gennaio, tra parentesi i residenti italiani): 126 nel 2004 (2.282) , 168 nel 2005 (2.265), 224 nel 2006 (2.283), 254 nel 2007 (2.308), 287 nel 2008 (2.324), 324 nel 2009 (2.346), 354 nel 2010 (2.347), 365 nel 2011 (2.342), 315 nel 2012 (2.330), 343 nel 2013 (2.348), 357 nel 2014 (2.321), 337 nel 2015 (2.353). Appaiono quantomeno improvvide le previsioni del Piano di governo del territorio, approvato dalla seconda amministrazione Sozzi che prevedeva ulteriori insediamenti abitativi capaci di portare la popolazione a superare i 3.500 abitanti. Mentre Brembio cominciava a sprofondare nelle sabbie mobili della crisi, si magnificava allora l’operato miope della amministrazione dicendo alla cittadinanza che Brembio era il paese delle meraviglie.
Basta fare un giro in Internet nei siti delle agenzie immobiliari o di aste giudiziarie per avere un quadro parziale, ma tuttavia sconfortante che mostra un paese in vendita (o se si vuole, in svendita) che nessuno vuole comperare. Per non dire della rinuncia ad attuare piani di lottizzazione o di ristrutturazione urbana, come la cascina Eustacca, per fare un esempio, di cui dopo l’abbattimento resta un cumulo di macerie che testimonia il fallimento di una politica amministrativa che da vent’anni ha solo puntato a fare cassa con l’edilizia, senza creare opportunità reali di sviluppo per il paese. Del resto di fronte ad alternative più appettibili, Lodi o Casalpusterlengo o qualche piccolo centro ben amministrato, chi mai sceglierebbe la propria residenza in un comune dove gli unici servizi sono quelli essenziali previsti per legge?
Via Gramsci, divisa a metà da Piazza Matteotti, è la via principale del paese e rappresenta la testimoniaza più evidente del declino. Un tempo era sede di numerosi esercizi commerciali: oggi è un deserto, come la galleria di fotografie mostra. Resistono considerando anche la piazza, l’edicola-tabaccheria, tre bar, un negozio di alimentari, un negozio di frutta e verdura, una parrucchiera ed un negozio di abbigliamento. Si può aggiungere anche l’ufficio postale, la filiale di una banca e quella di un’agenzia di pompe funebri. Non molti di più sono gli altri esercizi commerciali collocati nelle altre vie del paese.
La mancanza di prospettive, di iniziative capaci di richiamare capitali e, diciamolo, una qualità di vita peggiorata da qualche anno per l’inerzia amministrativa e anche a causa anche grossi inconvenienti come il transito continuo e per molti versi devastante dei mezzi agricoli per il centro abitato, causa di rumore e di vibrazioni indesiderate per i residenti le cui abitazioni si affacciano sulle vie di passaggio, non fa presagire un futuro di crescita.
Anche gli indici demografici non confortano: l’indice di vecchiaia, cioè il rapporto percentuale tra il numero degli ultrassessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni, al primo gennaio 2015 era 170,8, cioè 170,8 anziani ogni 100 giovani sotto i quindici anni. Anche l’indice di dipendenza strutturale (carico sociale ed economico della popolazione non attiva su quella attiva), 55,1 al primo gennaio 2015, in continuo incremento dal 2002 ad oggi, non fa sorridere: il valore dice che a Brembio ci sono 55,1 individui a carico ogni 100 che lavorano. Come pure l’indice di ricambio della popolazione attiva, che rappresenta il rapporto percentuale tra la fascia di popolazione che sta per andare in pensione e quella che sta per entrare nel mondo del lavoro, che al primo gennaio 2015 era 128,2, ci dice che la popolazione in età lavorativa è molto anziana (la popolazione attiva è tanto più giovane quanto più l’indicatore è minore di 100). La conferma è data anche dall’indice di struttura della popolazione attiva, che rappresenta il rapporto tra la parte di popolazione in età lavorativa più anziana (40-64 anni) e quella più giovane (15-39 anni): l’indice al primo gennaio è 134,3.
Ancora due dati per completare il quadro sconfortante: nel 2014 gli indici di natalità e di mortalità (numero medio in un anno ogni mille abitanti rispettivamente di nascite e di decessi) sono stati entrambi pari a 7,1; l’età media della popolazione a Brembio al primo gennaio 2015 è 44,3 anni. Sono queste le cifre che dovrebbero far riflettere gli amministratori.