articolo d’inizio millennio di autocritica e fame in risposta a alle critiche mosse da un lettore
La letteratura del nuovo millennio vive il suo medioevo. In questa confusionaria massa di “tutti che scrivono” il talento deve resistere coi sogni alle critiche, alla mancanza di istruzione e curiosità. Quello che vorrei ammettere non è la mia totale assenza di autocritica in una società egocentrica e priva di responsabilità, ma un volontario recupero di forze interne tali a sostenere ciò per cui credo di vivere: l’arte. Ho continuamente e sempre fame di dare vita alle ombre dei personaggi che mmi parlano. Di creare opere che siano istruttive affettivamente, culturalmente e siano ideali, siano bandiere e mai omofobe, mai utopiche sino al delirio … cose per me troppo facili.
Muoversi in un mondo di uomini significa anticiparli con l’immaginario e non necessariamente nutrirli con quel che vogliono, ovvero pasture di depravazioni e peccati mortali spinti all’inverosimile perché il male fa audience – ma di straordinari input che superano confini al punto di indurre in loro domande che a loro volta li portano a superare se stessi pur di alimentare viaggi e sconfiggere paure oramai obese.
Sono figlia di un fine millennio e l’inizio di un nuovo millennio come tale mi appartiene il termine “cosmico”. Qualcuno un giorno mi scrisse: non vali nulla poiché scrivi fantasticherie e i tuoi romanzi sono di serie B.
Io rispondo oggi: posso valere quanto un respiro e nulla più ma i miei sogni vogliono alimentare e contagiare e infettare a dispetto della grandezza delle mie opere.
Come tutti gli scrittori ho la pessima fama di avere una aura mia ma questa è una aura “bisbetica, ideale, testarda” che circonda tutta la categoria.
Scrivere teatro, romanzi, poemi, saggi, comporre musica e liriche per chi? Per sentirsi dire che non sei