Venticinque anni dopo la Liberazione, nel paese in cui Saverio è nato e cresciuto il passaggio dalla dittatura alla democrazia non è mai avvenuto: alle restrizioni che il regime precedente aveva imposto con piglio autoritario e repressivo, sono seguiti i mille diritti sanciti dalle leggi repubblicane e negati nella pratica quotidiana.
Per la soluzione di una molteplicità di problemi la quasi totalità dei cittadini si vede costretta a rivolgersi a don Cesarino o a don Riffò, due capi fazione campioni di clientelismo, in perenne contesa elettorale.
Molti sono quelli che scelgono di emigrare, lasciandosi dietro affetti, amicizie e abitudini consolidate.
Anche Saverio, profondamente segnato dalla mancanza di un posto di lavoro e da una sofferta delusione d’amore, decide di espatriare. Due relazioni avute con donne mature e il fiorire di un tenero sentimento per una giovane di origini siciliane, non riescono a cancellare del tutto la figura di Cecilia, la donna che egli aveva a lungo e vanamente corteggiato.
Un breve periodo di vacanza estiva riporta Saverio al suo paese, dove nulla è cambiato e dove, a causa di un drammatico evento, sarà costretto a trattenersi più a lungo di quanto aveva preventivato.
Il paese di don Riffò
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