Alghero (Sardegna) 04 marzo 2017

Corallo rosso e inquinamento reti

Il corallo rosso ( Corallium rubrum ), presente nel Mediterraneo e in parte dell’oceano Atlantico, è sempre stato pescato sin dal neolitico, addirittura paragonato ad una sorta di “erba infestante” dal biologo spagnolo Sergio Rossi, per la sua diffusione.

Negli ultimi anni, la pesca si è concentrata anche su colonie di piccola taglia, di scarso valore economico ma purtroppo sempre appetibile sia da pescatori autorizzati che dai pescatori di frodo che utilizzano attrezzi distruttivi.

La legislazione attuale ( applicata in tutti i Paesi del Mediterraneo ), prevede che il corallo rosso possa essere raccolto solo attraverso l’uso della “piccozza” o “martelletto” da subacquei autorizzati e con l’uso di autorespiratori, viene inoltre stabilito dal legislatore la taglia minima e il quantitativo di raccolta onde garantirne il razionale sfruttamento.

Purtroppo, nel corso degli ultimi anni, sono emerse almeno tre criticità :

1) Estrema pericolosità dell’attività del subacqueo, senza alcuna tutela della sicurezza nello svolgimento delle immersioni foriere di innumerevoli incidenti mortali.
2) Ingentissimi quantitativi di corallo sotto taglia minima consentita, raccolti da subacquei sportivi e professionisti.
3) Pesca abusiva esercitata con strumenti e modalità originali ( si potrà descrivere a richiesta e nei dettagli tali modalità ).

Per la sicurezza e la tutela del comparto pesca professionale subacquea, sono in corso revisioni del protocollo operativo per le immersioni profonde ( oltre i cinquanta metri ), misure che saranno probabilmente di difficile attuazione per l’economia del comparto.
Per la pesca sotto taglia minima e raccolta abusiva bisognerebbe inasprire le sanzioni e intensificare i controlli.

Attualmente l’Algeria, afflitta per anni dalla piaga della pesca abusiva eseguita da moltissime piccole imbarcazioni attrezzate con rudimentali “ingegni”, oltre che adottare pesanti sanzioni pecuniarie con la confisca dell’attrezzatura ha previsto anche l’arresto di chi sorpreso anche con modesti quantitativi di corallo rosso.
Tali misure sembrano aver ridotto in modo considerevole le attività illecite.

La Spagna ha recentemente annunciato che, a causa delle innumerevoli infrazioni nella raccolta del corallo sotto taglia, nella regione della Catalogna verrà sospesa la pesca dal 2018 e per dieci anni.
Anche il sud della Cina, a causa del perdurare della pesca illegale effettuato da centinaia di imbarcazioni sconfinanti anche in Giappone, ha di recente vietato la vendita del corallo rosso.

Ai fini della salvaguardia ambientale, l’attenzione delle amministrazioni e degli istituti scientifici si deve anche focalizzare sul reale problema che affligge l’ecosistema ove vive il corallo: il cosiddetto “coralligeno”.

In tale ambiente, la pesca di specie ittiche con varie metodologie, ha causato e continua a causare danni difficilmente recuperabili.
Tali danni derivano principalmente dal completo infangamento degli scogli ( uso dell”ingegno” per la pesca del corallo, reti a strascico, ecc..) che si trovano nella fascia batimetrica tra i 50m e 150m. e dalle tonnellate di attrezzature perse.
Anche le quotidiane attività di pesca con le sole reti da posta, arrecano danni considerevoli al substrato coralligeno, a riprova basta osservare i pescatori al ritorno della pesca e osservare la pulizia delle reti in banchina, inoltre non di rado catturano anche rami di corallo.
Vogliamo evidenziare che su oltre 30.000 scogli esaminati negli ultimi 17 anni con utilizzo di telecamere filoguidate e percorso oltre 4000 km lineari subacquei, si è osservato che oltre il 90 % degli stessi è seriamente compromesso.

Probabilmente se si interrompesse ogni attività antropica oggi, ci vorrebbero decine e decine di anni prima di ripristinare l’habitat al suo naturale stato.
Il corallo rosso è invero riuscito a resistere a centinaia di anni di pesca seppure realizzata con metodologie davvero distruttive e possiamo con certezza affermare essere una delle specie viventi più resistenti ( test eseguiti con sbalzi termici e pressori considerevoli non hanno causato alcun danno ai campioni presi in esame).
Se l’obiettivo principale del GFCM è quello di promuovere lo sviluppo, la conservazione, la gestione razionale e la valorizzazione delle risorse marine viventi, è opportuno recepire con attenzione le osservazioni e considerazioni di chi, della pesca del corallo, ne ha fatto una professione esercitata da oltre un quarantennio.
Dal Workshop di Alghero del 2010 dedicato alla tematica “corallo rosso”, siamo stati presenti in qualità di esperti alle riunioni successive di: Ajaccio ( Meeting di Ajaccio del 2011)*, Bruxelles 2014 (ove è stata presentata la relazione: The opportunity of using the ROV for better management of Corallium rubrum and for the safety of workers.)*,e Roma ( Meeting di Roma 2015 )* dove abbiamo illustrato un ulteriore progetto finalizzato all’utilizzo sperimentale del ROV per la raccolta selettiva del corallo e supportato da un importante istituto scientifico nazionale), considerato un potenziale contributo in una prima fase di un programma di ricerca a medio termine (2/3 anni) da condurre sul corallo rosso nel mare Mediterraneo.
Valorizzare l’esperienza accumulata dai nostri associati e i risultati tangibili raccolti con l’utilizzo del ROV nel corso dell’ultimo decennio ( tracciati georeferenziati, videoregistrazioni, mappatura e distribuzione banchi corallo, osservazioni inquinamento ambientale), riveste un’importanza strategica irrinunciabile per la migliore gestione della risorsa corallo e un investimento per le opportune politiche di bonifica ambientale necessarie per il futuro sostenibile del nostro ambiente sottomarino.

Purtroppo, la nostra amministrazione nazionale e regionale non ha, ad oggi, dato seguito alla nostra disponibilità offerta con mezzi adeguati e operatori esperti del settore, per la messa in opera del progetto sperimentale succitato.
Ci rendiamo disponibili, nell’ottica dell’Unione Europea, a compiere ogni sforzo possibile per garantire che la pesca sia sostenibile sia dal punto di vista economico che ambientale.
La riforma della politica comune della pesca, entrata in vigore a gennaio 2014, persegue esattamente questi obiettivi: garantire il sostentamento dei pescatori, nel contempo ponendo fine alla pesca eccessiva.
La nuova normativa può contare sul sostegno del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. Tra il 2014 e il 2020 quest’ultimo finanzierà progetti volti a introdurre tecniche di pesca innovative, creare nuovi sbocchi per i prodotti del mare, migliorare la qualità della vita nelle zone costiere.
Si evidenzia inoltre che il Ministero delle politiche agricole, rispondendo ad una nostra richiesta avente come oggetto informazioni relative al progetto di pesca sperimentale del corallo, ci ha comunicato in data 14/09/2016 che tale progetto risulta essere in linea con le finalità della Misura 1.26 “Innovazione”: progetti volti a sviluppare o introdurre prodotti e attrezzature nuove o sostanzialmente migliorate, processi e tecniche nuovi o migliorati (…), compreso a livello della trasformazione e della commercializzazione.

Conclusioni:

Il divieto di utilizzo del ROV anche per la sola osservazione e individuazione del corallo è assolutamente immotivato non essendo lo stesso utilizzato per la raccolta, la legislazione attuale prevede il prelievo solo con la piccozza; precluderne l’uso per l’individuazione prima dell’immersione costringe immersioni alla “cieca” costringendo il subacqueo ad una raccolta casuale e spesso sotto misura.
Inoltre tale attività non consente di raccogliere alcuna informazione, non può essere monitorata oltre che presentare enormi rischi per gli operatori.
La raccolta selettiva del corallo di taglia consentita, potrà essere garantita solo con l’uso del ROV, quando e se sarà autorizzato a seguito la prevista sperimentazione dalla nostra associazione più volte richiamata.
Nuove tecnologie, oltre alla registrazione video in alta definizione, consentirebbero le trasmissioni in diretta LiveStreaming di tutte le varie fasi di ricerca e raccolta ottenendo così un database di enorme importanza per migliorare la conoscenza del Mare ed adottare le opportune azioni che si dovessero rendere necessarie.
Mettendo un veto all’uso della tecnologia, significa in primis perdere una grande possibilità di sviluppo e conoscenza e allo stesso tempo osservare impotenti il perdurare della pesca illegale con conseguenti ulteriori danni all’ambiente coralligeno.

Le ultime raccomandazioni emanate, ( REC.CM-GFCM/40/2016/7 )* necessitano di raggiungere l’adozione di un piano di gestione per il corallo rosso nel più breve tempo possibile; comunque entro il 31 dicembre 2017.
È necessario pertanto avviare al più presto la sperimentazione come previsto nel corso del Workshop di Ajaccio e più volte rimandata.

Siamo quindi disponibili ad offrire le nostre competenze ed esperienza a qualsiasi Stato Membro del GFCM interessato, per la messa in atto delle raccomandazioni succitate ed in ossequio di tutte le norme di buona regola previste.