Salerno (Campania) 15 marzo 2016

Fonderie Pisano, la piccola Ilva di Salerno

I cittadini della Valle dell’Irno pensavano che l’incubo fosse finito quando il governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca, aveva sospeso le attività delle Fonderie Pisano lo scorso 23 febbraio. Per la prima volta l’Arpac di Caserta aveva messo in relazione i fumi emessi dall’impianto con la salute pubblica dei residenti della zona. E lo aveva fatto scrivendo chiaramente che le “controdeduzioni e le proposte di intervento a farsi da parte del gestore allo stato non consentono di superare le rilevanti criticità emerse nel sopralluogo ispettivo, con particolare riferimento alle emissioni atmosfera, alla gestione dei rifiuti e agli scarichi idrici, con conseguente determinazione di situazioni connotate di immediato pericolo e danno per l’ambiente e la salute pubblica”. Insomma, la fabbrica non rispetta le norme ambientali e, se non si adegua alle nuove prescrizioni, rischia di diventare una piccola Ilva di Taranto.
Dopo soli 15 giorni l’impianto è stato riaperto scatenando le proteste dei cittadini. Martina Marraffa, una giovane neuropsicologa non ci ha visto più: si è messa in una tenda di fortuna fuori ai cancelli dell’impianto e non se ne andrà di lì finché le fonderie non verranno chiuse.
Anche Lorenzo Forte, presidente del comitato “Salute e vita” che si batte da oltre dieci anni per la delocalizzazione delle fonderie, chiede verità e giustizia per i tutti i morti di tumore e leucemia che devono contare gli abitanti della Valle dell’Irno. “E’ una guerra non dichiarata”, denuncia Forte. “In via della partecipazione, la cosiddetta strada della morte, dei 30 residenti 13 persone si sono ammalate di tumore e10 sono morte; in traversa Magna Grecia in un palazzo con 12 appartamenti contiamo 12 morti di tumore; a Coperchia almeno 10 persone sono malate di leucemia”.
Prima dell’Arpac di Caserta, a Salerno, mai nessuno aveva indagato sui presunti collegamenti tra i fumi delle Fonderie e i tanti morti e malati di cancro in quella che è viene definita “la strada della morte”. L’unico processo che si è celebrato si è concluso con una sentenza di patteggiamento e una multa di 800 euro.
Servizio di Carmen Galzerano