Il Gruppo Caltagirone editore, il 23 febbraio 2016 – dopo aver già smaltito 27 esuberi sulla sola testata capitolina di sua proprietà (in realtà di questi solo 19 erano realmente tali) – ha deciso lo smembramento di tutte le attività produttive dei quotidiani “Il Messaggero” di Roma, “Il Mattino” di Napoli, “Il Gazzettino” di Venezia, costituendo le società “Servizi Italia 15 srl”, “Stampa Napoli 2015 srl” e “Stampa Roma 2015 srl”, nelle quali confluiscono i rami d’azienda individuati dalla dirigenza.
La parte editoriale (giornalisti), i servizi (amministrativi, diffusione, ufficio del personale) e i produttivi (stampa, prestampa, archivio, servizi tecnici informatici, area di preparazione, rotative) hanno sempre costituto un corpo unico, indissolubile, all’interno dei quotidiani, ma d’ora in poi non sarà più così.
La prima delle società scisse è la Servizi Italia 15, una srl costituita il 9 dicembre 2015 e due giorni dopo registrata alla Camera di Commercio di Roma, con capitale di centomila euro e amministratore delegato Massimiliano Capece Minutolo del Sasso.
Alla nuova società verranno trasferiti i poligrafici con funzioni amministrative, del Messaggero, Mattino e Gazzettino.
Ai dipendenti che passeranno alla Servizi Italia verrà applicato il contratto del commercio, contratto pensato per le commesse.
Contratto che prevede inquadramenti per il personale molto diversi da quello poligrafico (e alcune di esse non assimilabili o sovrapponibili), contratto sicuramente assai meno oneroso per l’azienda.
Contratto che non prevede il ricorso a prepensionamenti negli stati di crisi (quali la Caltagirone Editore ne ha dichiarati innumerevoli volte in 15 anni), ma solo la cassa integrazione e la 223, la legge che disciplina i licenziamenti collettivi.
I lavoratori impegnati nella stampa e nella prestampa dei giornali sono passati invece ad altre srl: per il Messaggero è la Stampa Roma 2015 e per il Mattino la Stampa Napoli 2015.
Alle Spa dei quotidiani rimarrebbe quindi soltanto l’organico giornalistico, lasciando all’editore mano libera per ristrutturazioni e licenziamenti nelle nuove società che nascono già gracili.
Il rapporto che intercorre tra il Messaggero a Stampa Roma 2015 srl infatti, si basa su di un contratto che lega il primo alla seconda mediante una commessa (la produzione del Messaggero appunto), che va rinegoziata di anno in anno, tenendo conto del continuo calo di copie del quotidiano e delle condizioni di mercato.
Il che significa che la commessa potrà essere mantenuta soltanto ricorrendo ad ammortizzatori sociali e licenziamenti.
Scissioni di rami d’azienda di tale portata che non sono una novità già in diversi altri settori, e che accadono continuamente nell’indifferenza generale, non sono in linea con lo spirito delle norme che le hanno rese possibili.
Le aziende acquisitrici dei rami infatti, dovrebbero fornire solidi piani industriali atti ad aggredire il mercato.
Qui si tratta invece di veri licenziamenti mascherati: cessioni di gruppi di lavoratori a ditte create allo scopo.
Ditte monocliente (la Caltagirone Editore), estremamente fragili sul mercato e destinate alla chiusura.
La Caltagirone editore ha appena finito di godere di uno degli innumerevoli sostegni del Governo e degli enti locali, dai quali ha già pienamente attinto in passato (si parla di milioni di euro in almeno 15 anni), proprio per il sostegno all’impresa e all’occupazione con smaltimento non traumatico degli esuberi.
Nel 2010 e nel 2013, la Caltagirone editore aveva avviato ben due procedure di licenziamento collettivo per circa 48 unità, sventati poi all’ultimo momento col ricorso a pesanti forme di riduzione del costo del lavoro.
In seguito, veniva avviata una procedura di messa in Cassa Integrazione a zero ore per 15 poligrafici del Corriere Adriatico, che dopo due anni hanno ricevuto la lettera di licenziamento.
A Gennaio 2016 vengono licenziati i sistemisti del Mattino di Napoli, azzerando il reparto e appaltando tutto il lavoro in esso svolto ad una ditta esterna (tra l’altro in piena violazione del Contratto di categoria che vieta espressamente questo tipo di operazioni).
Anche al Messaggero lo stesso reparto – i sistemisti appunto – viene chiuso, facendo subentrare una società terza al suo posto.
Altri licenziamenti individuali stavolta, vengono attuati di nuovo al Corriere Adriatico e al Messaggero, mentre alcuni lavoratori si “dimettono” ( e non vengono più rimpiazzati).
Intanto, alcune unità del personale delle testate, appena uscito per prepensionamento, viene riassunto in altre società del Gruppo, in posizioni che sono assai simili a quelle ricoperte quando essi erano in servizio ordinario.
Il problema non è limitato soltanto alla situazione vertenziale al Gruppo Caltagirone: è un problema nazionale di rispetto del Contratto di Lavoro, delle regole sul Lavoro e di garanzia democratica di una informazione di qualità.
Il piano industriale di scissione della Caltagirone Editore, è in realtà tutto fuorché espansivo, e tutto fuorché credibile nella sua tenuta.
La “razionalizzazione” è una parola che vuol dire tutto e spesso non vuol dire niente, e questo perché nasconde il niente industriale.
Un piano come questo, che ha possibilità assai concrete di non garantire gli equilibri occupazionali (quindi non si tratta solo di supposizioni), non è meno pericoloso di una situazione ormai avviata dove i licenziamenti sono già in atto; con la differenza che nel primo caso (cioè alla Caltagirone Editore) si potrebbe ancora intervenire e rimediare, mentre quando i licenziamenti sono una realtà, le possibilità d’intervento sono pressoché nulle.
I licenziamenti avvenuti all’inizio del 2016 al Mattino di Napoli, al Corriere Adriatico e al Messaggero poi, vengono dichiarati possibili ricorrendo alla legge Fornero.
Ma bisognerebbe far presente che il fatto che qualcosa sia consentito dalla legge, non implica che sia obbligatorio ricorrervi senza aver prima neppure tentato di sondare la possibilità di soluzioni alternative con i sindacati.
Chiediamo l’intervento del Governo e delle Istituzioni per ripristinare le condizioni di un confronto sindacale serio (attualmente infatti, la Rsu non viene quasi mai interpellata su nessuna questione, e nelle convocazioni per dirimere vertenze presso le sedi preposte, la Caltagirone editore non invia i propri capi di struttura tecnica, ma alcuni membri dell’organigramma aziendale, assieme ad un pool di avvocati) e per rimettere in discussione un piano che potrebbe dare un colpo mortale – e di fatto lo sta già dando – alle tre prestigiose testate Il Messaggero, Il Mattino, Il Gazzettino.