La terra promessa è dopo la foresta che divide Serbia ed Ungheria. Un esodo si potrebbe definire. Gruppi di persone disposti a tutto. Sotto un sole cocente, in fila indiana, attraversano i sentieri lungo le strade di campagna, tra coltivazioni di mais e campi di girasoli Sono quelli indicati dai trafficanti di esseri umani. Un tragitto lungo chilometri. Sembra una stazione di un qualsiasi metrò, con i resti di chi è passato prima. Da lontano si vedono camminare con le poche cose portate nel viaggio. Dei sacchi a pelo per dormire, qualche borsa e soprattutto viveri e da bere. Scende la sera quando questi luoghi diventano una bella cartolina. Ma che lasciano l’amaro in bocca.
Stazione centrale di Belgrado. Centinaia di rifugiati attendono il treno che li porterà al confine. Dopo un lungo viaggio sono stanchi, sfiniti per aver camminato centinaia di chilometri. Manca ancora tanto alla loro ultima tappa. La più difficile forse sarà quella di superare la frontiera che li farà toccare la terra promessa. Cala la notte quando il treno diretto a Budapest arriva in stazione. Ma scenderanno tutti a Subotica, la città distante pochi chilometri dall’Ungheria. Ed subito una grande confusione. Si fuma una sigaretta prima di lottare per accaparrarsi un posto nei pochi vagoni a disposizione. Mostrano il biglietto appena comprato. 660 Dinar serbi. Circa 5 Euro, che sono tanti per chi ha affrontato molte spese per arrivare nei Balcani. Il tempo che si aprano le porta e le urla rimbombano in una stazione quasi del tutto vuota. Tre ore e mezzo di viaggio ammassati come sardine. Si tenta di far sedere le donne, ma è una corsa alla poltrona. Pur di non perdere il treno, per il prossimo bisognerà aspettare il giorno dopo, anche lo stretto corridoio diventa un luogo comodo dove potersi riposare. Ed anche in questi casi si cerca di non pensare al domani.
La “terra promessa” di nome Ungheria
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