Serbia 2015, quello che la comunità internazionale forse non conosce o fa finta di non vedere. La cosiddetta tratta dei nuovi schiavi del terzo millennio passa per accedere in Europa attraverso i Balcani. Turchia, Grecia, Macedonia ed infine Belgrado, la vecchia capitale della ex Jugoslavia del maresciallo Tito, è diventata l’epicentro di migliaia di migranti provenienti dal medio oriente e dall’Asia centro meridionale. Afghani, Pakistani, Iracheni, Siriani, Curdi. Scappano da guerre che hanno distrutto civiltà millenarie. Siamo al confine Serbo Ungherese, a Subotica. Sono una trentina i chilometri che la separano dalla frontiera magiara. Da tempo questa tranquilla cittadina del nord della Serbia è entrata nella rotta del traffico di essere umani. Percorrono chilometri pur di non finire nelle mani di estremisti o fanatici. Mesi ed anni prima di ricongiungersi con amici o parenti. E la strada spesso è irta di ostacoli. Difficoltà che cercano di mettersi alle spalle con dignità. Quella che oggi manca alla comunità internazionale. Basta affacciarsi in uno dei centri dove si riuniscono prima di fare l’ultimo sforzo per la libertà. Antichi edifici dove oggi uomini donne e bambini si accampano per giorni prima di entrare in Ungheria. Non ci sono parole, bastano le immagini, forti e che avvelenano il cuore. In capanne di fortuna costruite con tronchi e teli di plastica per ripararsi dal sole e dal freddo che cala la notte, attendono che il contrabbandiere li raccolga per portali lungo il sentiero che li farà oltrepassare la Serbia. 1500, 2000 dollari il prezzo pagato per raggiungere Germania, Belgio o i paesi del nord Europa. Ma con il pericolo concreto di essere scoperti dalla polizia Ungherese e fermati lungo il viaggio della speranza
La tratta dei nuovi schiavi che attraversa i Balcani
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