Grecia, Paese estero 10 agosto 2015

Lesbo, l’isola dei migranti: anime in mare e in cammino

L’isola greca di Lesbo, cantata anticamente dalla poetessa Saffo, splendida meta turistica dell’Egeo, sta affrontando un’emergenza umanitaria di proporzioni inimmaginabili. Ogni settimana approdano più di 5000 migranti sulle sponde dell’isola, distante solo 5-8 miglia marittime dalle coste turche. Siriani, afghani, iracheni, curdi, somali: stipati su piccoli gommoni, attraversano il mare durante la notte, pagando fino a 1.000 euro a testa per il viaggio. Stanchi, affamati, si dirigono verso i campi profughi di Karatepe e Moria, a Mitilene. I più fortunati, salgono su uno degli autobus forniti delle Nazioni Unite e da Medici Senza Frontiere, gli altri percorrono a piedi 65km, sotto il sole, tra la polvere. Un esodo, per giungere alle tende di Karatepe, dove attendono l’identificazione, tra i rifiuti gettati a terra, i servizi sanitari inesistenti, il caldo insopportabile; l’alternativa è il campo di Moria, dove il filo spinato e le reti accolgono i migranti.L’acqua scarseggia, il cibo è spesso insufficiente o di qualità mediocre.
Fuggono dalla guerra, dalle carestie, dal terrore, e quello che trovano non è molto diverso dall’indigenza che hanno lasciato. Il loro è un gesto disperato, la speranza di un futuro migliore, mettendo a rischio la propria vita: non sono rari i casi di attacchi da parte di imbarcazioni turche, che bucano i gommoni dei migranti o distruggono i motori, per farli morire in mare.
Ma la disperazione spinge a correre il rischio, per la flebile speranza di poter vivere in sicurezza, un giorno, in questa Europa che sembra offrire solo nuove miserie, e cieca assiste all’allargarsi della fossa comune nel Mediterraneo. Di Oriana Boselli