Roma (Lazio) 10 giugno 2017

PAPA FRANCESCO AL QUIRINALE IN VISITA UFFICIALE

Palazzo del Quirinale 10/06/2017
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto Sua Santità Papa Francesco al Quirinale in visita ufficiale di restituzione di quella compiuta dal Capo dello Stato in Vaticano il 18 aprile 2015. Papa Francesco, al suo arrivo, è stato accolto dal Presidente Mattarella nel Cortile d’Onore.

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Visita di Restituzione del Santo Padre al Quirinale
Beatissimo Padre,
la visita del Pontefice al Quirinale costituisce sempre un’occasione speciale, ulteriormente accentuata dall’affetto che circonda la Sua figura.
La accoglie un palazzo, che reca i segni dell’attività feconda di tanti suoi predecessori, divenuto sempre più, negli anni, “Casa degli italiani”.
Le origini della Sua famiglia, la Sua appartenenza dal 2001 al clero romano come titolare di San Bellarmino, culminata nella Sua elezione a Sommo Pontefice, Vescovo di Roma, siamo certi che rendano questa visita, anche per Lei, un evento familiare.
Abbiamo voluto condividere il benvenuto che Le rivolgiamo anche con tanti ragazzi delle scuole delle zone colpite dal terremoto, di Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio, Emilia Romagna.
Alcuni – i più grandi – sono con noi in questa sala, insieme ai più alti rappresentanti delle istituzioni, mentre i più piccoli La attendono, Santità, per salutarla al termine della cerimonia, nei giardini.
Il benvenuto nell’accoglierLa si accompagna ad alcune riflessioni, che la Sua visita sollecita e che il suo magistero ispira.
La prima di queste riflessioni riguarda la dimensione della responsabilità, chiamata a declinarsi, quotidianamente, all’interno delle Istituzioni, per affermare quei valori di centralità della persona, di giustizia, di solidarietà, di condivisione, che sono iscritti nel nostro dettato costituzionale e sono anche alla base di tante manifestazioni della testimonianza della Chiesa Cattolica.
Ella stessa, Santità, nel Suo recente viaggio apostolico a Genova, ha voluto ricordare, nell’incontro con i lavoratori, la nostra Carta Costituzionale e, nel menzionarne il primo articolo, ha affermato che proprio “attorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale”.
Queste Sue parole fanno ben comprendere quanto sia elevata la responsabilità che incombe su chi è chiamato a esercitare pubblici poteri e quanto profondo debba essere l’impegno nell’assicurare, giorno dopo giorno, che a tutti sia garantito – specialmente attraverso il lavoro – dignità, riconoscimento di un ruolo nella società, rispetto, elementi fondanti di ogni civile convivenza.
Agire con crescente impegno affinché prevalgano condizioni di equità, e quindi di stabilità sociale e di concordia, è un obiettivo che deve trovare prioritaria applicazione nei confronti dei giovani. 
Questa stagione ne sta mettendo a dura prova le aspettative, le prospettive di vita personale, mettendo a rischio il buon futuro dell’intera società.
Eppure, con il loro instancabile fervore e con un entusiasmo sempre rinnovato, i giovani ci interpellano; e richiamano alla necessità di esercitare la nostra responsabilità, individuale e collettiva, nell’elaborare politiche di crescita al passo con i tempi.
Una società – ove i ritmi, imposti dal progresso delle comunicazioni, dai social media, dalla tecnologia, rendono le scelte pubbliche sempre più complesse – esige maggiore, e costante, attenzione verso questo obiettivo.
L’occupazione, e la dignità – che ad essa è intrinsecamente legata – deve costituire il centro dell’esercizio delle responsabilità di istituzioni e forze sociali, così da prevenire e curare fenomeni di emarginazione, povertà, solitudine e degrado.
Un’altra dimensione nella quale si deve avvertire responsabilità è quella del rispetto dell’ambiente.
Rappresenta un paradosso quello di un pianeta, reso ancor più fortemente interdipendente dal progresso tecnologico, nel quale la crescita economica è, da una parte, necessaria ma, dall’altra, quando perseguita con intenti di sfruttamento, è anche concausa di grandi catastrofi, quali la desertificazione di intere regioni, attraverso l’accentuazione di fenomeni globali incontrollati, come il riscaldamento del pianeta.
Queste circostanze richiamano la profonda meditazione che Ella, Santità, ha rivolto all’umanità con la lettera Enciclica Laudato si’.
Da essa, a partire dal riconoscimento del comune destino che lega ormai i popoli del pianeta, tutti possiamo trarre ispirazione per politiche che tendano a realizzare condizioni di sano equilibrio fra rispetto della natura, sviluppo economico inclusivo e rifiuto della cultura dello “scarto”.
In questo senso l’Accordo di Parigi sul clima, concluso soltanto pochi mesi dopo la pubblicazione della Sua Enciclica, rappresenta un punto di partenza al quale non intendiamo abdicare.
Approccio ecologico e approccio sociale sono giunti a coincidere: la giustizia passa attraverso la custodia delle risorse disponibili e la loro equa distribuzione.
L’interdipendenza tra popoli e persone ha sempre contrassegnato l’umanità ma, accresciutasi nel tempo, costituisce un carattere, imprescindibile, di questa epoca e sempre più di quelle a venire. Questa condizione conduce a riflettere sulla necessità di gesti di reciproca disponibilità e di riconciliazione.
Il Giubileo della Misericordia da Lei proclamato, proponendo il valore della compassione e del perdono, ha offerto una indicazione importante del significato di speranza che questi valori devono e possono assumere per le comunità civili, per i rapporti tra gli Stati, per quelli tra le singole persone.
I Suoi viaggi apostolici sono sempre ricchi di testimonianze e abbiamo guardato con particolare ammirazione e fiducia, Santo Padre, alla Sua recente missione in Egitto, e al Suo colloquio con le autorità religiose islamiche dell’Università di El Azhar. Parole, e gesti, che hanno rappresentato un passo decisivo verso una maggiore comprensione reciproca, verso la costituzione di un fronte comune nei confronti dell’estremismo e del fanatismo, di qualunque matrice esso sia.
L’importanza di questo richiamo risalta ancor più di fronte alla barbarie del terrorismo che, anche negli ultimi tempi, ha seminato lutti in tanti continenti e che, in molte regioni del pianeta, in Africa come in Medio Oriente, minaccia quotidianamente le comunità cristiane.
I risultati del progresso scientifico offrono, particolarmente nel campo dell’informazione, della comunicazione e della mobilità, preziosi strumenti di aumento delle possibilità di conoscenza, interrelazione e collaborazione, avvicinando le persone, e luoghi geograficamente distanti.
Talvolta questi mezzi, in contraddizione con la loro stessa finalità, rischiano di diventare strumenti di dominio o un ambito in cui, piuttosto che ricercare incontro e reciproco accrescimento, riversare tensioni, violenza verbale, aggressività. E’ sempre più richiesta la consapevolezza di quei valori universali di rispetto e di tolleranza la cui condivisione rappresenta l’antidoto più efficace per arrestare il diffondersi dell’odio.
E’ di un costante impegno di riconciliazione e di reciproca disponibilità che il mondo in cui viviamo avverte il bisogno più immediato per assicurare tolleranza e pacifica convivenza e, soprattutto, per costruire risposte solide e corali ai grandi problemi del mondo contemporaneo.
Un esempio – che è al contempo grido di sofferenza e voce di speranza – è rappresentato dal dramma dei migranti. Governarlo richiede un comune impegno da parte della comunità internazionale, dei Paesi di provenienza e transito, di quelli di approdo e – per quanto ci riguarda più da vicino – dell’intera Unione Europea.
I problemi, i grandi problemi di questa epoca, se affrontati con un approccio inadeguato e angusto e con scarsa lungimiranza, rischiano di travolgerci. Ciascuno, nei suoi comportamenti quotidiani, le Istituzioni nella loro azione e i Paesi tutti, possono ottenere risultati soltanto se decidono di agire insieme.
In questo comune sforzo di riconciliazione si iscrive storicamente il grande progetto europeo. Una riconciliazione che ha un significato che va ben al di là di una ritrovata concordia fra ex nemici. Il progetto di integrazione continentale, così come lo intendevano i Padri fondatori, è riuscito a portare pace, benessere e stabilità perché ha riconciliato l’Europa con se stessa, con le sue radici, con i suoi valori, riscoprendo, come Vostra Santità ha detto ai Capi di Stato e di Governo, in occasione del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma: “la centralità dell’uomo, una solidarietà fattiva, l’apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, l’apertura al futuro”. Questi intendimenti devono essere coerentemente sviluppati e perseguiti in ogni circostanza, anche in quelle più impegnative.
Santità,
nell’impegno a favore degli “ultimi”, che continua a risuonare nelle Sue parole, l’Italia ha sempre potuto fare affidamento sul sostegno della Chiesa Cattolica.
Siamo certi che l’azione della Chiesa, e delle sue tante compagini, contribuirà a rafforzare quel senso di comunità che nel nostro Paese è radicato e forte ma che, tuttavia, può incrociare, talvolta, un insufficiente spirito di concreta autentica convivenza.
La Sua visita, Santità, costituisce un’occasione per ringraziare la Chiesa Cattolica per la sua instancabile azione, al fianco delle Istituzioni nazionali, nella più ampia riaffermazione dei valori di giustizia, equità, apertura e tolleranza sui quali si fonda la Repubblica.
Il Concordato, arricchito, di anno in anno, dai colloqui che si svolgono in occasione dell’anniversario della sua firma, ha confermato il suo ruolo di prezioso quadro di collaborazione.
Una presenza, quella della Chiesa cattolica, che risalta, in modo particolare, nei momenti più difficili della nostra vita nazionale, come quello recente dell’emergenza del terremoto che ha colpito le Regioni del Centro Italia e che l’ha vista – in tutte le sue espressioni, dalle organizzazioni di volontariato ai movimenti laicali – fortemente impegnata al fianco delle Istituzioni, per alleviare la sofferenza delle popolazioni interessate.
Sappiamo di poter trovare nella Chiesa – come la Santità Vostra ci ha ricordato in occasione della mia visita in Vaticano due anni addietro – “un valido e utile sostegno” nella consapevolezza, e ricordo ancora le Sue puntuali parole, che “la reciproca autonomia non fa venir meno, ma esalta, la comune responsabilità per l’essere umano concreto e per le esigenze spirituali e materiali della comunità”.
Grazie, Santità, per questa Sua visita, grazie per la Sua opera al servizio dell’umanità e grazie alla Chiesa in Italia per il suo costante impegno a favore della comunità nazionale.

Discorso di Sua Santità Papa Francesco in occasione della visita al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Parole a braccio del Papa rivolte ai bambini nei Giardini del Quirinale
Signor Presidente,
La ringrazio per le cordiali espressioni di benvenuto che Ella mi ha rivolto a nome dell’intero popolo italiano. Questa mia visita si inserisce nel quadro delle relazioni tra la Santa Sede e l’Italia e vuole ricambiare quella da Lei compiuta in Vaticano il 18 aprile 2015, poco tempo dopo la Sua elezione alla più alta carica dello Stato.
Guardo all’Italia con speranza. Una speranza che è radicata nella memoria grata verso i padri e i nonni, che sono anche i miei, perché le mie radici sono in questo Paese. Memoria grata verso le generazioni che ci hanno preceduto e che, con l’aiuto di Dio, hanno portato avanti i valori fondamentali: la dignità della persona, la famiglia, il lavoro… E questi valori li hanno posti anche al centro della Costituzione repubblicana, che ha offerto e offre uno stabile quadro di riferimento per la vita democratica del popolo. Una speranza, dunque, fondata sulla memoria, una memoria grata.
Viviamo tuttavia un tempo nel quale l’Italia e l’insieme dell’Europa sono chiamate a confrontarsi con problemi e rischi di varia natura, quali il terrorismo internazionale, che trova alimento nel fondamentalismo; il fenomeno migratorio, accresciuto dalle guerre e dai gravi e persistenti squilibri sociali ed economici di molte aree del mondo; e la difficoltà delle giovani generazioni di accedere a un lavoro stabile e dignitoso, ciò che contribuisce ad aumentare la sfiducia nel futuro e non favorisce la nascita di nuove famiglie e di figli.
Mi rallegra però rilevare che l’Italia, mediante l’operosa generosità dei suoi cittadini e l’impegno delle sue istituzioni e facendo appello alle sue abbondanti risorse spirituali, si adopera per trasformare queste sfide in occasioni di crescita e in nuove opportunità.
Ne sono prova, tra l’altro, l’accoglienza ai numerosi profughi che sbarcano sulle sue coste, l’opera di primo soccorso garantita dalle sue navi nel Mediterraneo e l’impegno di schiere di volontari, tra i quali si distinguono associazioni ed enti ecclesiali e la capillare rete delle parrocchie.
Ne è prova anche l’oneroso impegno dell’Italia in ambito internazionale a favore della pace, del mantenimento della sicurezza e della cooperazione tra gli Stati.
Vorrei anche ricordare la fortezza animata dalla fede con la quale le popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto hanno vissuto quella drammatica esperienza, con tanti esempi di proficua collaborazione tra la comunità ecclesiale e quella civile.
Il modo col quale lo Stato e il popolo italiano stanno affrontando la crisi migratoria, insieme allo sforzo compiuto per assistere doverosamente le popolazioni colpite dal sisma, sono espressione di sentimenti e di atteggiamenti che trovano la loro fonte più genuina nella fede cristiana, che ha plasmato il carattere degli italiani e che nei momenti drammatici risplende maggiormente.
Per quanto riguarda il vasto e complesso fenomeno migratorio, è chiaro che poche Nazioni non possono farsene carico interamente, assicurando un’ordinata integrazione dei nuovi arrivati nel proprio tessuto sociale. Per tale ragione, è indispensabile e urgente che si sviluppi un’ampia e incisiva cooperazione internazionale.
Tra le questioni che oggi maggiormente interpellano chi ha a cuore il bene comune, e in modo particolare i pubblici poteri, gli imprenditori e i sindacati dei lavoratori, vi è quella del lavoro.
Ho avuto modo di toccarla non teoricamente, ma a diretto contatto con la gente, lavoratori e disoccupati, nelle mie visite in Italia, anche in quella recentissima a Genova. Ribadisco l’appello a generare e accompagnare processi che diano luogo a nuove opportunità di lavoro dignitoso. Il disagio giovanile, le sacche di povertà, la difficoltà che i giovani incontrano nel formare una famiglia e nel mettere al mondo figli trovano un denominatore comune nell’insufficienza dell’offerta di lavoro, a volte talmente precario o poco retribuito da non consentire una seria progettualità.
È necessaria un’alleanza di sinergie e di iniziative perché le risorse finanziarie siano poste al servizio di questo obiettivo di grande respiro e valore sociale e non siano invece distolte e disperse in investimenti prevalentemente speculativi, che denotano la mancanza di un disegno di lungo periodo, l’insufficiente considerazione del vero ruolo di chi fa impresa e, in ultima analisi, debolezza e istinto di fuga davanti alle sfide del nostro tempo.
Il lavoro stabile, insieme a una politica fattivamente impegnata in favore della famiglia, primo e principale luogo in cui si forma la persona-in-relazione, sono le condizioni dell’autentico sviluppo sostenibile e di una crescita armoniosa della società. Sono due pilastri che danno sostegno alla casa comune e che la irrobustiscono per affrontare il futuro con spirito non rassegnato e timoroso, ma creativo e fiducioso. Le nuove generazioni hanno il diritto di poter camminare verso mete importanti e alla portata del loro destino, in modo che, spinti da nobili ideali, trovino la forza e il coraggio di compiere a loro volta i sacrifici necessari per giungere al traguardo, per costruire un avvenire degno dell’uomo, nelle relazioni, nel lavoro, nella famiglia e nella società.
A tale scopo, da tutti coloro che hanno responsabilità in campo politico e amministrativo ci si attende un paziente e umile lavoro per il bene comune, che cerchi di rafforzare i legami tra la gente e le istituzioni, perché da questa tenace tessitura e da questo impegno corale si sviluppa la vera democrazia e si avviano a soluzione questioni che, a causa della loro complessità, nessuno può pretendere di risolvere da solo.
La Chiesa in Italia è una realtà vitale, fortemente unita all’anima del Paese, al sentire della sua popolazione. Ne vive le gioie e i dolori, e cerca, secondo le sue possibilità, di alleviarne le sofferenze, di rafforzare il legame sociale, di aiutare tutti a costruire il bene comune. Anche in questo, la Chiesa si ispira all’insegnamento della Costituzione pastorale Gaudium et spes del Concilio Vaticano II, che auspica la collaborazione tra comunità ecclesiale e comunità politica in quanto sono, entrambe, a servizio delle stesse persone umane. Un insegnamento che è stato consacrato, nella revisione del Concordato del 1984, nell’articolo primo dell’Accordo, dove è formulato l’impegno di Stato e Chiesa «alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese».
Questo impegno, col richiamo al principio della distinzione fissato nell’art. 7 della Costituzione, esprime e ha promosso al tempo stesso una peculiare forma di laicità, non ostile e conflittuale, ma amichevole e collaborativa, seppure nella rigorosa distinzione delle competenze proprie delle istituzioni politiche da un lato e di quelle religiose dall’altro. Una laicità che il mio predecessore Benedetto XVI definì “positiva”. E non si può fare a meno di osservare come, grazie ad essa, sia eccellente lo stato dei rapporti nella collaborazione tra Chiesa e Stato in Italia, con vantaggio per i singoli e l’intera comunità nazionale.
L’Italia ha poi il singolare onere ed onore di avere, nel proprio ambito, la sede del governo universale della Chiesa Cattolica. È evidente che, nonostante le garanzie offerte con il Trattato del 1929, la missione del Successore di Pietro non sarebbe facilitata senza la cordiale e generosa disponibilità e collaborazione dello Stato italiano. Se ne è potuta avere una ulteriore dimostrazione nel corso del recente Giubileo straordinario, che ha visto tanti fedeli venire a Roma, presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, nello spirito della riconciliazione e della misericordia. Nonostante l’insicurezza dei tempi che stiamo vivendo, le celebrazioni giubilari hanno potuto svolgersi in maniera tranquilla e con grande vantaggio spirituale. Del grande impegno assicurato dall’Italia al riguardo la Santa Sede è pienamente consapevole e sentitamente grata.
Signor Presidente,
sono certo che, se l’Italia saprà avvalersi di tutte le sue risorse spirituali e materiali in spirito di collaborazione tra le sue diverse componenti civili, troverà la via giusta per un ordinato sviluppo e per governare nel modo più appropriato i fenomeni e le problematiche che le stanno di fronte.
La Santa Sede, la Chiesa Cattolica e le sue istituzioni assicurano, nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità, la loro fattiva collaborazione in vista del bene comune. Nella Chiesa Cattolica e nei principi del Cristianesimo, di cui è plasmata la sua ricca e millenaria storia, l’Italia troverà sempre il migliore alleato per la crescita della società, per la sua concordia e per il suo vero progresso.
Che Dio benedica e protegga l’Italia!
 
Parole a braccio del Papa rivolte ai bambini nei Giardini del Quirinale
Cari ragazzi e ragazze, grazie tante di essere qui. Grazie tante per il vostro canto e anche per il vostro coraggio. Andate avanti con coraggio, sempre su, sempre su! E’ un’arte salire sempre. E’ vero che nella vita ci sono difficoltà – voi avete sofferto tanto con questo terremoto – ci sono cadute, ma mi viene in mente quella bella canzone che cantano gli alpini: “Nell’arte di salire il successo non sta nel non cadere ma nel non rimanere caduto”. Sempre su, sempre quella parola “alzati”, e su!
Che il Signore vi benedica!